COVIDIARIO

Durante il primo lockdown, dall’8 marzo al 3 maggio 2020, ho tenuto un diario di disegni, un rituale quotidiano. Lo sguardo, chiuso all’interno delle mura domestiche, si posava come casualmente su un particolare e ritraevo le mie istantanee al tratto.
Negli stessi giorni la mostra Urbanitudine, che avrebbe dovuto inaugurare l’11 marzo, era allestita a Casa Museo Boschi Di Stefano, sospesa. Quando si è cominciato a parlare di riapertura dei musei ho pensato che la mia esposizione era lì, uguale a se stessa, mentre in quei pochi mesi la nostra vita era stata stravolta dalla pandemia. Così, quando finalmente a luglio si è potuto aprire al pubblico, una nuova installazione ha trovato posto nelle stanze della scuola di ceramica fondata da Marieda Di Stefano, dove molti anni fa è cominciata la mia esperienza con la ceramica.
CoviDiario ritrae cose che ci sono state quotidiane, strumenti di cura e di relazione che ci hanno tenuto in contatto con il mondo esterno, testimoni di un distacco affettivo e sociale, di una urbanità negata. Racchiusi in una ragnatela di fili che in India si usano nelle offerte al tempio, parlano della vissuta immobilità e si offrono alla memoria di quei giorni difficili e dolorosi. Ma un elemento si stacca dall’elenco, un desiderio di ripartenza e di rinascita mi porta dentro il racconto. La mia mano stretta in un pugno si fa vaso, accoglie un germoglio, radica e si fa albero.

CoviDiario, 2020, terracotta e filo da preghiera
Urbanitudine, Casa Museo Boschi Di Stefano, Milano, 2020

foto Cesare Lopopolo

foto Cesare Lopopolo

Realized during the lockdown, CoviDiario portrays things that have been daily, tools of care and relationship that have kept us in contact with the outside world, witnesses of an emotional and social detachment, of a denied urbanity. Enclosed in a cobweb of threads that are used in India in the offerings at the temple, they speak of lived immobility and offer themselves to the memory of those difficult and painful days.